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13/10/2024
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Con giudizio

Restauro

Restauro sì, ma
"adelante con judicio"

Ivo Baldisseri

La proverbiale frase che nei Promessi Sposi il padrone rivolge a Pedro, il cocchiere, mentre avanza con la carrozza tra la folla minacciosa, deve essere di monito al restauratore a procedere con cautela e fermarsi in tempo. Altrimenti si dà ragione a Ruskin quando afferma “Il restauro è la peggior forma di distruzione accompagnata dalla falsa descrizione della cosa distrutta”.

Alcuni amici più prossimi ricorderanno la mia posizione – assolutamente contraria – all’assemblaggio selvaggio delle carrozze, per farne supposte carrozze d’epoca. Mi viene giusta l’occasione di tornare sull’argomento con un esempio concreto dove l’incompletezza di un bel pezzo di collezione sommerge di bellezza qualsiasi temerario confronto con quelle carrozze frutto di improponibili collage.

Vorrei spiegarmi al meglio; ma non ho parole adatte. Vorrei mostrare di più; ma le immagini a due dimensioni non rendono bene. Mi aiuto con grandi glorie snidate dal loro angolo di storia e portate fino a noi. Magari fruste, malandate, danneggiate o monche. Ecco tre esempi.


Il giovinetto di Mozia; statua in marmo senza braccia dell’antichità classica del V secolo a.c. conservata al Museo Whithaker a Mozia (Marsala), in provincia di Trapani. Guarda caso, si pensa possa rappresentare un “auriga”.  Guidatore del carro da guerra o del cocchio nelle gare ippiche delle grandi feste elleniche e nei ludi circensi romani.

Nike di Samotracia; giovane dea alata acefala e senza braccia in marmo delle cave dell’isola di Paro, II secolo a.c. scolpita nello stile della scuola dell’isola di Rodi. Personificazione della vittoria e figlia del titano Pallante e della ninfa Oceanina Stige viene raffigurata come una donna con le ali; da qui, l'appellativo di Vittoria Alata.

L'unico esemplare statuario conosciuto di Atena Nike, in marmo pario lychnite, ed è conservato nella Collezione della Fondazione Sorgente Group a Roma. La porzione di statua conservata misura 93 cm e doveva essere alata, probabilmente collocata in antico su un alto pilastro presso un santuario attico o di ambiente filoateniese, raffigurava colei che seguiva e proteggeva l'esercito ateniese lontano dalla patria, testimoniando il trionfo della città.

Venere di Milo; celebre statua greca priva delle braccia, mitica rappresentazione della bellezza femminile. II secolo a.c. la Venere di Milo risale al 130 a.C. circa: è dunque un'opera ellenistica, sebbene si tratti di una scultura che fonde i diversi stili dell'arte del periodo classico. Venne ritrovata spezzata in due parti nel 1820 sull'isola greca di Milo da un contadino chiamato Yorgos Kentrotas.

Afrodite si leva stante col busto nudo fino all'addome e le gambe velate da un fitto panneggio. Il corpo compone una misurata tensione che richiama un tipico chiasmo di derivazione policletea. Il modellato è reso con delicate suggestioni chiaroscurali, col contrasto tra il liscio incarnato nudo e il vibrare della luce nei capelli ondulati e nel panneggio increspato della parte inferiore.

Avevo avvisato che la raffigurazione sulla carta non rende. Ma l’originale svela il genio dello scultore, il gusto estetico, il bello che soddisfa. Il brutto ed il bello convivono in questo mondo. Si dice che piace ciò che piace, per quell’inspiegabile “non so ché”. Troppo poco! C’è ben di più che tocca il comune sentire della percezione sensibile, grande impegno di filosofi come Diderot e Kant.

Il bello nella luce, il brutto nell'ombra.

Quelli qui richiamati sono tre esempi di arte somma, generalmente ammirata come campione di bellezza che unisce il meglio dell’estetica e dell’arte. Opere fortunosamente trovate, casualmente riconosciute, dispendiosamente restaurate, di difficile datazione e di non univoca interpretazione. Ed anche monche, acefale, scheggiate. Eppure contengono l’apoteosi del bello.

Ho cominciato dalla pietra – il marmo delle sculture – per arrivare al legno – altro materiale lavorato, che l’uomo ha portato ad elevate forme artistiche; arredi, case, simboli religiosi, sculture e tanto altro fino ai carri ed alle carrozze, la nostra e la mia passione.

Ad una fiera-mercato il mercante forse lo sapeva, ed osservava i visitatori passare oltre, attirati dal bello immediato; quello bell’e pronto, finito, completo, verniciato, lucidato. A parte, trattato con visibile disinteresse, un legno amorfo restava sotto pesanti velature di sporcizia e di patine che quando non coprivano, alteravano l’aspetto cromatico delle superfici.

Presentava anche visibili deformazioni dei ripiani interni. Insomma, un disastro a cielo aperto, evidente causa di abbandono, degrado e saccheggio. Mancavano molti di quegli elementi primariamente apprezzati nelle carrozze. Non c’erano velluti, damaschi, sete, fiocchi, imbottiture e impunture. Invece sedili ridotti a tavolette polverose appena appoggiate. Fondo sicuramente sano ben visibile dall’apertura dove mancava anche la panca interna.

Vana la ricerca di fanali ed ottoni. Impossibile il traino per mancanza di ruote e stanghe. Come ho detto: un disastro! Anch’io, come chi mi sta leggendo, ho pensato alla possibilità di una messinscena pronta per il cosiddetto “bidone” (nel gergo del parlar furbesco). In effetti il “coso” visto in quell’angolo pareva avesse anche la forma a bidone. Un bidone tentatore.

Non ho meriti geniali, ma curiosità, quella sì. Superando la prima tentazione di andarmene, ho cercato di immaginare che cosa potessero coprire i pochi scorci di vernice, i fregi sotto l’untume, forme curve e profili.  Con la memoria sono ricorso alle immagini dei miei libri per cercare spunti ed ispirazione e con il mercante mi son giocato il rischio del classico fondo di magazzino che da quel momento è diventato mio.

Qualche tempo per elaborare l’incertezza e poi la ricerca della giusta mano di restauratore abbastanza audace, per avventurarsi in un lavoro di consolidamento del tutto incerto. Occorreva che fosse anche poco schizzinoso. Avete letto bene: “schizzinoso” quando si scrive, perché “schizzignoso” è di forma volgare e la mia carrozza nulla ha di volgare. Il lavoro di recupero e di risanamento (soprattutto delle superfici pittoriche) è risultato più che soddisfacente tal ché la carrozza è rinata come la Venere di Botticelli, la dea riemersa dalla spuma del mare.

Un trionfo di forme e colore. E che colore! Secondo l’expertise il minuto “marblizer” effetto finemente marmoreo della vernice è prodotto da mescole di resine e gommalacca con minutissime (dimensioni da micron) lamine in lega di rame ed argento e decorazioni in di puro oro.

Questa carrozza per definizione non può essere che “originale”. Molto le è stato tolto, fino a ridurla all’essenziale. Nulla è stato aggiunto. Proprio come Afrodite senza braccia, la Venere di Milo. Ancora tanto c’è da capire sul significato delle allegorie nei suoi fregi delle rappresentazioni di divinità della mitologia greca e romana. E rimangono curiosità intriganti come le decorazioni in foglia d’oro. Perché tanta ricchezza su una carrozza di lineare semplicità di forme?

La risposta più accettata sta nella manifattura dell’arte mobiliera del ‘700 eccelsa nel mobile laccato. Gli artigiani del legno lavoravano accanto a decoratori e pittori ed usavano verniciature a base di lacca. Era il gusto del momento. Famosi i laccatori veneziani e francesi. Le raffigurazioni della mitologia classica sulla carrozza si differenziano invece con le tendenze dell’epoca che preferivano ispirazioni orientali.

La datazione della carrozza, di produzione francese, risale a metà ‘700. Secolo dello sviluppo dell’estetica. Fase storica di importanti eventi e grandi donne: rivoluzione e indipendenza americana, Maria Teresa d’Austria, Caterina di Russia. Dopo sarebbero venute la macchina a vapore, la rivoluzione industriale, la rivoluzione francese.

Ed adesso?
Come richiamato all’inizio, mi atterrò alla raccomandazione del Gran Cancelliere Ferrer di Manzoni “adelante con judicio”


Cher Monsieur Baldisseri,
Je viens de lire sur le site web tradizioneattachi votre article sur la prudence en matière de restauration des objets d’art. Bravo pour cet article ! Je partage entièrement votre point de vue.
Si je comprends bien, vous venez d’acquérir cette magnifique caisse de berline.
Permettez-moi de vous questionner et de vous exposer mon désaccord sur quelques points.
Sur quels éléments se fonde son origine française ?
Vous datez cette caisse de berline du milieu du XVIIIe siècle. Au milieu du XVIIIe siècle, en France la rocaille est encore le style en vogue . Cette berline est un parfait exemple du style néoclassique à la mode dans le dernier quart du XVIIIe s. Elle appartient donc à cette période.
Son décor peint et son décor sculpté (frises den piastres sur les bois) sont typiques du goût néoclassique faisant référence à la Grèce antique et à sa mythologie et qui a dominé tout le dernier quart du XVIIIe s. et encore tout le début du XIXe. Il existe, vous le savez, plusieurs voitures de cette époque et de style comparable « à la grecque ».
L’emploi de paillons d’or ou de cuivre dans la peinture des voitures est extrêmement luxueux, et rare. Cette technique s’appelle en français « aventurine ». Je connais peu de voitures conservées présentant une peinture aventurine : une berline de gala du Musée national de la Voiture à Compiègne (c. 1760-1765), les berlines de gala « du 1er et du 2ème couronnements » de Maximilien Joseph 1er roi de Bavière au Marstallmuseum au château de Nymphenburg à Munich (1813 et 1818), un coupé de gala, fin XVIIIe s., au château de Lysice (République Tchèque). Ce coupé a été restauré en 2014 (je crois…). Peut-être  l’expérience des techniques utilisées pour cette restauration pourraient vous aider dans votre projet de restauration de votre caisse de berline.
C’est une joie de constater que des éléments précieux de la carrosserie du XVIIIe s. soient découverts et sauvés par des amateurs éclairés, comme vous.

Avec tous mes encouragements et mon amitié Jean-Louis Libourel Conservateur en chef honoraire du patrimoine


Gentile Sig. Baldisseri,
Ho appena letto sul sito web tradizioneattachi il tuo articolo sulla cautela da usarsi quando si ripristinano le opere d'arte. Ben fatto per questo articolo! Condivido pienamente il tuo punto di vista.
Se ho capito bene, hai appena acquistato questa magnifica cassa di berlina.
Permettimi di interrogarti e di spiegare il mio disaccordo su alcuni punti.
Su quali elementi si basa la sua origine francese?
Incontri questo cassa di berlina dalla metà del 18° secolo. A metà del XVIII secolo, in Francia il giardino roccioso era ancora lo stile in voga. Questa berlina è un perfetto esempio dello stile neoclassico della moda nell'ultimo quarto del XVIII secolo. Appartiene quindi a questo periodo. (1785-1800)
La sua decorazione dipinta e scolpita (fregi di piastre sui boschi) è tipica del gusto neoclassico che si riferisce all'antica Grecia e alla sua mitologia e che ha dominato tutto l'ultimo quarto del 18° secolo. e ancora per tutto l'inizio del XIX secolo. Ci sono, come sapete, diverse berline di questa epoca e in uno stile paragonabile "alla greca".
L'uso di lustrini d'oro o di rame nella verniciatura delle carrozze è estremamente lussuoso e raro. Questa tecnica è chiamata in francese "avventurina". Conosco poche berline conservate che presentano un dipinto di avventurina: una berlina di gala del Museo nazionale delle carrozze di Compiègne (1760-1765 ca.), le berline di gala "della 1a e 2a incoronazione" di Maximilien Joseph 1o re di Baviera al museo Marstallm al castello di Nymphenburg a Monaco (1813 e 1818), una coupé di gala, fine del XVIII secolo, al castello di Lysice (Repubblica Ceca). Questa coupé è stata restaurata nel 2014 (penso ...). Forse l'esperienza delle tecniche utilizzate per questo restauro potrebbe aiutarti nel tuo progetto di restauro del tuo corpo berlina.
È una gioia vedere quei preziosi elementi della carrozzeria del 18° secolo, essere scoperto e salvato da amatori illuminati, come te.

Con tutto il mio incoraggiamento e la mia amicizia Jean-Louis Libourel

Conservateur en chef honoraire du patrimoine


 
 

L’incompletezza di un bel pezzo impone una minima ricerca delle altri parti, per questo coloro che fossero in possesso di informazioni attendibili al riguardo, ed avessero la compiacenza di informarci faranno cosa assai gradita.

Per contatti:
tradizione.attacchi@gmail.com  
cell. 338 677 9925

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