Menu principale:
“Paglietta”
una gloria italiana
Chi comprerà oggigiorno un cappello a cilindro, una lobbia o una bombetta? O una paglia estiva come la portava Thomas Mann al Lido di Venezia?
Il primo trattato che descrive l’antico processo di lavorazione del cappello e lo illustra con preziose tavole è "L’Art de faire des chapeaux" dell’abate Jean Antoine Nollet, che lo scrive nel 1765 per la grande enciclopedia di Diderot & D’Alembert. L’opera tratta delle materie prime, della loro preparazione, della fabbricazione e della tintura nonché delle fogge dei cappelli. La fase di meccanizzazione che nel secolo XIX porta un decisivo mutamento nel processo artigianale trova ampia e preziosa documentazione nel "Manuale del cappellaio" di Lamberto Ramenzoni edito da Hoepli nel 1906 e ristampato nel 1924. I primi documenti riguardanti il mestiere del cappellaio risalgono all'età dei Comuni e li troviamo negli statuti delle corporazioni.
È l’aprile del 1907 quando viene varata la corazzata “Roma” ed in quell’occasione fanno mostra di sé i cappelli estivi. La paglietta è una gloria italiana visto che l’industria della paglia è attiva in Toscana fin dal Settecento. Si chiamava anche magiostrina perché la si indossava a partire dal mese di maggio e veniva dismessa tassativamente al tempo della vendemmia ancorché il clima fosse mite. Ma questo cappello rigido, di forma ovale e fondo piatto, trova la sua consacrazione artistica nei dipinti degli impressionisti francesi: Renoir e Manet ci rimandano le immagini dei signori di inizio secolo che vanno in barca sul fiume e frequentano i locali all’aperto indossando appunto quella che chiamano canotier. Diffuse sono anche le varianti inglese e francese del nome, rispettivamente "boater" e "canotier". Altro suo nome è "canotto" in quanto faceva parte della divisa di chi praticava il canottaggio. Una curiosità: tra la fine dell'800 e l'inizio del '900, a Napoli, gli avvocati venivano bonariamente definiti "pagliette".
In Italia i cappellai fanno inizialmente parte delle corporazioni dei lanaioli da cui si staccheranno solo fra il Quattrocento e il Cinquecento per formare associazioni indipendenti. L’identità contemporanea delle aziende protagoniste è strettamente legata all’eredità artigianale del territorio fiorentino. La lavorazione dei cappelli di paglia, documentata già nel Medioevo, si sviluppa attivamente nei secoli successivi, quando dallo scarto della mietitura del grano si ricavava una treccia piuttosto grossolana ma sufficiente a realizzare semplici copricapi. Dai primi decenni del XVIII secolo, Signa diventa il centro propulsore dell’attività industriale del cappello di paglia, grazie all’introduzione di un nuovo metodo di coltivazione del grano marzuolo che prevede una fitta semina e l’anticipazione del momento di raccolta fatta prima che lo stelo giunga a maturazione. Idoneo più alla lavorazione della paglia che all’uso alimentare, da questo stelo si ottenne la treccia di paglia per cappelli più pregiata per sottigliezza, flessibilità e lucentezza, consacrando di fatto la notorietà mondiale del cosiddetto “cappello di paglia di Firenze”.
D’allora le ditte toscane hanno vissuto il loro altalenante percorso esistenziale, passando da periodi di grande sviluppo ad altri di profonda recessione, fino ad eclissarsi negli anni Cinquanta quando anche nella moda il cappello stava cambiando la sua ragione d’essere. La moda può aver cambiato il cappello nei suoi valori profondi ma non lo ha mai abbandonato. Continuare nel presente a fabbricare cappelli, conservando i segreti di un’attività tipicamente artigianale, significa preservare la manualità dei maestri specializzati nel plasmare l’opera, saper scegliere i migliori materiali e verificarne la conformità per la fase produttiva. L’energico ritmo produttivo dell’azienda, si espresse soprattutto nella fabbricazione del canotto o paglietta, il cappello preferito per la stagione estiva dall’uomo mondano, considerato una vera e propria gloria italiana nel mondo. I fratelli Corti ne compresero subito la celebrità proponendone una loro versione, il madrido, un cappello da passeggio dal carattere più naturale e strutturalmente più leggero. Oggi i canotti sono tramontati, ma altri modelli continuano ad essere fabbricati con la stessa forza creativa.